A volte le scarpe volano. E’ successo la scorsa domenica quando il presidente americano George Bush, recatosi in Iraq a sorpresa (e per la quarta volta dall’attacco nel 2003) per discutere la presenza delle truppe Usa dopo dicembre (quando scadrà il mandato ONU)(ma non sarebbe compito di Obama?), durante la conferenza stampa si è visto lanciare contro dal giornalista iracheno Muntazer al-Zaidi più di una scarpa.
L’uomo ha prima gridato cane in arabo al presidente e poi ha lanciato l’inconsueto oggetto contro lo stesso. Quest’ultimo però ha evitato le scarpe mentre affianco il primo ministro iracheno rimaneva immobile, imbarazzato. Dopo il gesto (nel mondo musulmano di particolare gravità dato che è considerato un gravissimo insulto), che ha portato all’arresto del giornalista, Bush ha continuato la conferenza stampa affermando, tra l’altro che in Iraq “la guerra non è ancora finita” (sarà strano ma ricordo che Obama invece non vede l’ora di fare le valigie).
Se Muntazer al-Zaid i è diventato un simbolo nel modo musulmano (in Algeria si pensa di dare il suo nome ad un linea di scarpe) e il suo gesto da origine a battute e vignette (si parla ad esempio di nuove armi di distruzione di massa) e spopola sulla rete (dando origine pure ad un videogioco) le conseguenze di quest’ultimo saranno meno divertenti: l’uomo, infatti, è già stato arrestato e portato davanti al giudice istruttore, è in attesa di giudizio e rischia fino a 7 anni di prigione. Se la pena appare giusta per la legge irachena/islamica, per il fatto in se appare più che spropositata (senza dimenticare “ le punizioni” che potrebbe ricevere in carcere).
Il giornalista ha ricevuto il sostegno dei media e della popolazione irachena, la quale è scesa anche in strada per protestare contro l’arresto di Muntazer al-Zaidi e per sostenerlo. E se aggiungiamo che il gesto è già stato elevato a simbolo del riscatto nazionale, non possiamo non parlare di sintomi, non di poco conto, di una società stanca dell’occupazione straniera.
Il Gorgonauta