Il ritorno al protezionismo di Obama & Company
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Il ritorno al protezionismo di Obama & Company

Se fino ad un anno fa parlare di protezionismo era considerato un’eresia, un anno dopo parlare di dazi e di autarchia non appare più esagerato.

Quello che più stupisce è che il “barrierismo” sia partito proprio da quei paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra che hanno fatto del liberismo la loro “mission”.

Il “Buy American” di Obama e gli scioperi dei lavoratori inglesi della raffineria Lindsey contro quelli italiani nel Lincolnshire sembrano proprio confermare questa sfiducia nella mano invisibile di Adam Smith.

Seppur meno sconvolgente anche gli inviti a comprare auto e componenti nazionali da parte dei costruttori francesi,italiani, tedeschi e  le parole di un ministro spagnolo (“compriamo spagnolo”) danno la cifra del dilagare del sentimento protezionista anche in Europa.

Veniamo quindi al nocciolo della questione è giusto o no ricorrere al protezionismo in un periodo di crisi come questo, salvaguardando le proprie imprese e i propri lavoratori?

La risposta è no! E’ la storia che c’è lo insegna. Già dopo la crisi del 29’, l’Europa e gli Stati Uniti erano ricorsi a dazi e politiche isolazionistiche e non c’è bisogno che vi ricordo cosa successe 10 dopo. Guardate bene che la mia non è un’esagerazione, perchè se il gigante Cina si ritrovasse nella situazioni di non avere patners commerciali potrebbe ricorrere alla forza. Perchè le motivazioni che portano alle guerre sono sempre economiche, giustificazioni belliche quali esportazione di democrazia o difesa dei diritti sono solo uno specchietto per le allodole.

E’ quindi troppo semplice riempirsi di parole come liberismo, accoglienza, democrazia, pari opportunità quando le cose van bene e poi voltare le spalle a questi ideali quando si è in difficoltà.

Quindi la mia speranza è che Obama, un grandissimo innovatore per molti punti di vista, non si dimostri un conservatore proprio in materia economica.