Elezioni europee/amministrative e Referendum sulla legge elettorale lo stesso giorno (quindi Election day) o in giorni differenti ossia rispettivamente il 6 e il 7 e poi il 13/14 giugno? Questo il dilemma del premier Berlusconi il quale compierà la sua scelta dopo Pasqua. Perchè tanta perplessità? Semplice, la Lega non vuole assolutamente che il referendum raggiunga il quorum richiesto la sua validità (almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto) e tifa per una data estiva, da villeggiatura con gli elettori indaffarati a preparare la valigia e non ad andare a votare.
Ecco quindi la scelta spinosa del premier, se da una parte sostenere i leghisti, salvare il rapporto con la Lega ed evitare una crisi di governo oppure decidere per l’Election-Day, risparmiare circa 400 milioni di euro, (cifra fornita dai promotori, meno di 200 invece per il Governo) (e magari destinarli all’Abruzzo) e fare felici quanti sostengono tale decisione (ad es il PD).
Il motivo di tanta preoccupazione da parte di Bossi & Company sta nel contenuto del referendum,composto da 3 quesiti. I primi 2 propongono di assegnare alla camera e al Senato il premio di maggioranza, in seggi, al partito/alla lista, non più alla coalizione, che ha ottenuto più voti nella relativa elezione.
Una spinta verso il bipartitismo che spaventa così la Lega. Perché, in pratica (ed ecco il punto), i partiti minori vedrebbero ridimensionato il loro potere in quanto quelli più grandi da soli otterrebbero, grazie al premio, la maggioranza parlamentare. Il partito leghista potrebbe in tal caso confluire in lista unica di centro-destra ma così in Parlamento non sarebbe più rappresentato come partito singolo e di coalizione (ovviamente a sinistra lo stesso problema l’avrebbe l’Italia dei Valori). Come effetto secondario sarebbe poi definitivamente impossibile l’aggiramento della soglia di sbarramento del 4%(Camera) e 8% (Senato) ai piccoli partiti tramite la confluenza nelle coalizioni maggiori.
Il terzo quesito infine propone di vietare al candidato la possibilità di candidarsi in più di una circoscrizione. Nel frattempo si fanno avanti proposte alternative : accorpare il referendum con i ballottaggi per le amministrative (quindi 21 giugno), rinviare i quesiti referendari oppure scegliere un’unica data per Europee, amministrative e referendum, abolendo però il ballottaggio nei casi in cui almeno un candidato raggiunga il 40%.
In ogni caso ci si chiede perché mai la scelta debba andare a svantaggio degli elettori/cittadini (con un non risparmio in denaro pubblico con addirittura 3 date : 6/7, 13/14, e 21 per i ballottaggi delle amministrative) e a vantaggio di un partito politico. A scegliere quale sia il risultato saranno comunque gli elettori con la loro decisione di recarsi alle urne o meno e quindi anche il 21 giungo il referendum potrebbe passare.
Che dire, qualcuno spieghi alla Lega che il politico dovrebbe essere al servizio del bene comune e non di se stesso. Dall’altro lato tanto il premier non perde nulla : se il referendum passa il Pdl ne esce rafforzato, se non passa invece la colpa sarà dei suoi amici leghisti.
Discorsi puramente politici che in un momento come questo fanno venire il vomito.