Molfetta: Un imprenditore querela un suo ex collaboratore per averlo definito “bastardo” su facebook.Torino:Un professore denuncia uno studente per averlo iscritto al social network a sua insaputa e per avergli attribuito perversioni imbarazzanti.Colle Val d’Elsa:Una bidella chiede un risarcimento danni di migliaia di euro ad otto studenti per aver creato sul social network un gruppo contro di lei.
Ecco solo alcuni esempi di casi di diffamazione che hanno coinvolto utenti del più famoso social network mondiale.
Quando si può parlare di diffamazione?
L’inserimento di frasi offensive, battute pesanti, notizie riservate la cui divulgazione provoca pregiudizi, foto denigratorie o comunque la cui pubblicazione ha ripercussioni negative, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta possono integrare gli estremi del reato di diffamazione, punito dall’art. 595 c.p.
E’ diffamatorio:
• creare il gruppo “Quelli che odiano il proprio capo bastardo” oppure “Quelli a cui sta antipatica la bidella cretina” ; le espressioni “bastardo” o “cretina” hanno una inequivoca carica offensiva;
• rivelare sulla propria o altrui bacheca che il collega di lavoro ha, ha una relazione extraconiugale con la segretaria;
• inserire la foto – come è accaduto – della propria ex fidanzata nuda o in atteggiamenti intimi.
Particolare attenzione merita il discorso della pubblicazione di foto; infatti non ci si può nemmeno difendere dicendo che comunque l’amico aveva consentito a che gli venisse scattata la foto. La Cassazione, anche recentemente ha precisato che il consenso ad essere ritratti non comporta il consenso a utilizzare le foto.
Per parlare di diffamazione l’offesa deve essere rivolta a un soggetto determinato o determinabile. Se si parla male di una persona senza far capire di chi si tratta non è reato. Ma per aversi diffamazione non è necessario mettere nome, cognome, generalità del diffamato: è sufficiente inserire riferimenti che consentano di rendere conoscibile la persona offesa o comunque attribuibile l’offesa ad una persona determinata.
Non è reato dire che i tassisti di Bologna sono dei ladri, perché l’offesa non è rivolta ad un soggetto determinato, invece rischia una denuncia il ragazzo che apre un gruppo del tipo “ I prof della 5B del Liceo Garibaldi di Pomezia sono delle teste di c…”.
Quali sono le pene previste?
Penalmente le conseguenze sono diverse a seconda che si parli di diffamazione semplice o aggravata.
Nel primo caso le pene sono più severe e possono prevedere la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e fedina penale macchiata a tempo indeterminato.
In caso di diffamazione semplice sono previste pene pecuniarie (intorno ai 1.000 – 1.500 euro) e la fedina penale resterà macchiata solo per 5 anni.
Il vero problema non è però rappresentato tanto dalla pena (che il più delle volte viene condizionalmente sospesa), ma dai costi connessi al procedimento penale che più o meno sono gli stessi sia in tribunale che dal giudice di pace.
In caso di condanna occorre infatti:
• pagare il legale della parte civile (circa 2.000/2.500 euro);
• pagare il proprio legale
• pagare il risarcimento dei danni provocati alla parte lesa (diversamente quantificabili a seconda dell’entità dei medesimi).
Per una parola di troppo, si rischia di dover sborsare 10.000 euro senza nemmeno accorgersene.
Quindi cari facebookiani state attenti a ciò che scrivete!