La nuova tegola per il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri a causa degli immancabili giudici “rossi” è servita : ragazze a pagamento per feste private. Nelle intercettazioni di un’inchiesta della procura di Bari su appalti concessi in cambio di mazzette nel settore sanitario alcuni imprenditori infatti avrebbero parlato di soldi versati a delle ragazze per partecipare a delle feste nelle abitazioni sarda (Villa Certosa) e romana (Palazzo Grazioli) del premier Berlusconi.
Tra queste Patrizia D’Addario, super teste dell’inchiesta, le cui registrazioni degli incontri che la stessa afferma avvenuti tra lei e il Silvio nazionale sono finite nella cassaforte della procura di Bari. Assieme a Patrizia sono state sentite altre ragazze, 3 delle quali avrebbero confermato la loro presenza alle feste dietro pagamento (Corriere della Sera).
Nonostante tutto sia ancora da verificare (comprese la veridicità delle dichiarazioni rese dalle donne coinvolte ai magistrati e dei materiali dalle stesse depositati) e il tutto per il momento non sia altro che un’ipotesi investigativa la situazione potrebbe così essere ricostruita :
l'imprenditore **Giampaolo Tarantini**, titolare dell'azienda Tecnohospital, già iscritto nel registro degli indagati per induzione alla prostituzione, avrebbe offerto le ragazze per assicurarsi l'amicizia e i favori negli appalti di persone di potere presenti nell'entorauge del premier incontrate alle feste..
..e le ragazze, pagate e prenotate ai "party " avrebbero poi fatto il resto. La D'Addario in cambio dei suoi favori avrebbe dovuto ottenere, secondo le sue stesse dichiarazioni, un permesso per un proprio progetto immobiliare. E come ricompensa soldi e la candidatura nella lista "La Puglia prima di tutto".
Mentre il tutto rimane ancora da verificare e il premier comunque risulta coinvolto indirettamente in un inchiesta in cui non è ancora indagato (dato che rimane da capire cosa poi sia effettivamente successo in queste feste) monta la polemica per il poco spazio dedicato alla notizia dai media nazionali (telegiornali in primis), per molti un ennesimo caso di censura mediatica.