Seria A 2009. Al via l'ex campionato più bello del mondo.
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Seria A 2009. Al via l'ex campionato più bello del mondo.

Dopo anni di sperperi, di folli cifre per acquisti non sempre indovinati, anche il calcio italiano comincia a stringere la cinghia.

Il Milan, che inaugurò la grande corsa a comprare tutti i migliori, dopo decenni trascorsi a sognare un super campionato europeo che sostituisse i logori campionati nazionali, ora predica l’autarchia.

Perfino Massimo Moratti ha messo a dieta i conti dell’Inter, anche perchè tiene a libro paga non una squadra, ma tre. L’unica che sembra sorridere è la Juventus, che può vantare la miglior campagna acquisti e festeggia il bilancio in utile.

Tuttavia ormai è evidente che il calcio italiano sia in crisi, forse lo era già da qualche anno ma la crisi economica ha portato allo scoperto ciò che tutti sapevano. E così Kakà e Ibrahimovic emigrano in Spagna. I tifosi protestano, calano gli abbonamenti e traballa l’audience televisiva.

La crisi ha prosciugato la stagno in cui sguazzavano i club di taglia media e piccola. Del resto un motivo ci sarà se a dieci giorni dall’inizio del campionato, almeno tre squadre di serie A (Bari, Bologna, Lazio) non erano ancora riuscite a trovare uno sponsor per le loro divise. D’altronde società come il Bari, il Bologna e la Roma sono da mesi ufficialmente in vendita. E anche Catania e Siena, a dispetto delle smentite ufficiali, sono al centro di manovre e contatti informali. Il fatto è che non si trovano compratori. Si moltiplicano gli annunci di personaggi in cerca di pubblicità, dall’uomo dei sogni Joe Tacopina da New York, che l’anno scorso voleva prendersi il Bologna, fino al procuratore di calciatori Vinicio Fioranelli pronto a fare un’offerta vincente per la Roma. Di affari veri, però, finora neppure l’ombra. Anche se a Bari seguono con grandi speranze le mosse dello zio d’America Tim Barton, il palazzinaro texano deciso a prendere il posto dei Matarrese nella proprietà del club locale.

Possiamo dare la colpa di tutto ciò al Fisco, come sostiene Galliani, ma mentiremo. E’ vero, la Spagna, il Paese presentato spesso come il nuovo Eldorado del pallone, ha introdotto nel 2004 un regime d’imposte privilegiato per tutti gli stranieri residenti ad alto reddito. Ma la norma è stata studiata per attrarre non i calciatori, ma le imprese multinazionali che così possono contare su risparmi fiscali per i loro manager. Ovviamente anche le squadre di calcio hanno colto al volo l’occasione. E così le star internazionali della Liga pagano solo il 24 per cento di aliquota massima per l’imposta sui redditi contro il 43 per cento dei normali lavoratori dipendenti. Caro Galliani, provi a spiegare all’operaio perchè dovrebbe pagare il doppio delle tasse di un calciatore. Senza contare che all’estero i governi si muovono in direzione opposta. In Gran Bretagna, altro campionato modello secondo molti presidenti nostrani, l’aliquota massima sui redditi personali sta per essere portata dal 40 al 50 per cento.

E’ quindi tutto il Sistema-Calcio che deve essere rifondato. Il calcio deve tornare ad essere uno Sport, o meglio lo Sport più amato dagli italiani. La ricetta è semplice: basta investire nei vivai e nelle infrastrutture per far tornare le famiglie negli stadi. Nonostante tutto cari calciofili come me, BUON CAMPIONATO A TUTTI!