Nel DDL “taglia-burocrazia” collegato alla Finanziaria e di fresca approvazione da parte del Consiglio dei Ministri sulla semplificazione amministrativa vi è una disposizione alquanto particolare, ossia la previsione di un giuramento di fedeltà alla Repubblica dei nuovi dipendenti pubblici al momento dell’assunzione.
Solo i neo assunti dovranno prestare il giuramento e nel caso in cui si rifiuteranno di farlo verranno licenziati senza preavviso. Tali norme inoltre non potranno essere derogate da contatti o accordi collettivi.
Così recita il Giuramento :
_Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, di adempiere ai doveri del mio uffici nell'interesse dell'amministrazione per il pubblico bene_
La norma tuttavia solleva numerose perplessità, in primo luogo quella della stessa necessità della reintroduzione di una tale formula (il giuramento era comunque previsto fino a 15 anni fa), che in pratica richiede al dipendente di comportarsi e adempiere i propri doveri nel rispetto della legge e nell’interesse della collettività, cose che dovrebbero essere già ben chiare al neo-assunto al di la della recita di una formale espressione linguistica. Se così non fosse infatti il giuramento avrebbe comunque ben poco valore.
E poi quale fiducia si dimostra nei nuovi lavoratori chiedendone anticipatamente la lealtà? In pratica una ammissione di sfiducia preventiva, un modo per ribadire che da essi, in pratica, ci si aspetta solo il peggio e quindi occorre correre ai ripari con largo anticipo.
Una seconda questione attiene alla sanzione per il mancato giuramento ossia il licenziamento, una sanzione che in teoria deve essere proporzionata all’infrazione commessa. Inoltre il lavoratore potrebbe comunque rivelare il licenziamento come ingiusto e quindi ricorrere all’art 18 della Statuto dei lavoratori per richiedere la riassunzione. Infine potrebbe rilevare la violazione degli articoli 21 e 35 della Costituzione, in quanto tale giuramento condizionerebbe la propria libertà d’espressione, essendo ora condizionata dal volere superiore, e la tutela del proprio lavoro.
Nel 1931 un regio decreto intimava ai professori universitari di prestare giuramento allo statuto albertino, alla monarchia e al regime fascista (in caso contrario avveniva la perdita della cattedra universitaria). Nel 2009 si intima ai dipendenti pubblici di prestare giuramento alla Costituzione e alle leggi del Stato, pena il licenziamento, facendoli diventare un gregge di placidi servi e schiavi dello Stato e delle sue leggi, anche se di dubbia costituzionalità o illegittime.
E un giorno magari o quest’ultimo si potrebbe personificare in una sola persona o in dato movimento politico o si potrebbe aggiungere, tramite un piccolo articolo nascosto in un maxi-disegno di legge, la sudditanza e la fedeltà a quella data persona o maggioranza politica o al governo.
Ecco servita una “mera casualità storica”.