Arrivederci, Banda larga! Gli 800 milioni che il governo aveva promesso per il cosiddetto “piano Romani” sono rinviati al termine della crisi (economica), ossia a data da destinarsi.
Ma cos’è innanzitutto il piano Romani? Ideato da Paolo Romani, viceministro per lo Sviluppo con delega alle Comunicazioni, il progetto da 1,47 miliardi di euro prevede di portare un collegamento Internet da 2 Mega bit a tutti gli italiani e al 96 % di essi un collegamento da 20 Mega bit entro il 2012. Ora invece come minimo si dovrà aspettare il 2011.
Il piano inoltre si propone di abbattere il Digital Divide in Italia, ossia il divario tra chi ha accesso alle nuove tecnologie e chi ancora non può accedervi. E la mancanza di infrastrutture è proprio una delle sue cause principali. Nel nostro paese il 12% della popolazione non ha nemmeno la connessione a 2 Mega bit e cresce quindi il divario (sopratutto tra sud e nord, tra ricchi e poveri, tra più fortunati e meno fortunati) tra chi ha una connessione Adsl e chi viaggia ancora con la vecchia 56k.
Gli investimenti sulla banda larga avrebbero creato nuovi posti e opportunità di lavoro, reso tecnologicamente più avanzato il paese (che così, invece, rimane indietro) e prodotto un miglioramento del Pil. D’altronde non è un caso che negli altri paesi europei come Francia o Germania si investa pesantemente nella banda larga con piani nazionali da addirittura 50 o 100 Mega bit e si parli ormai di Diritto alla RETE. L’Italia all’opposto rimane il fanalino del vecchio continente mentre la stessa UE vede in questi investimenti uno degli strumenti in mano ai Governi per uscire dall’odierna crisi economica.
Inoltre invece di un omogeneo piano nazionale si procede a macchia di leopardo e ogni amministrazione va per la propria strada. Così chi se lo può permettere investe, chi non può rimane fermo al palo. Roma e Milano ad esempio progettano di cablare interamente le 2 aree urbane entro i prossimi anni, gli altri invece si dovranno arrangiare.
Gli 800 milioni coprono solo una parte del progetto, i restanti fondi provengono da privati, dall’UE, dalle regioni ma è ovvio che il sostegno statale è indispensabile. Oggi all’appello manca circa 1 miliardo di euro (800 milioni da parte dello Stato + 200 da parte dei privati) mentre sono disponibili circa 400 milioni grazie a fondi Infratel, fondi comunitari e fondi derivanti da protocolli con le regioni.
Un decreto estivo assegnava gli 800 milioni alla banda larga ma il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ne ha sempre rimandato l’assegnazione e ancora oggi li detiene in attesa di sbloccarli una volta usciti dalla crisi.
La mancata assegnazione rappresenta ad oggi una sconfitta per l’Italia e gli Italiani, un grave danno ad essi arrecato in termini di competitività, accesso all’informazione, opportunità e progresso tecnologico. E magari qualcuno se ne sarà pure rallegrato dato che la rete e quel sovversivo e critico mondo di Internet, libero, indipendente e pluralistico, sarà cosi un pochino più povero. D’altronde meglio investire sulle televisioni e sul digitale terrestre, grazie ad essi infatti si è in grado di manipolare più facilmente le masse.