A 3 anni di distanza dalla nostra ultima avventura a Rapture torniamo sotto qualche milione di metri cubi d’acqua salata, questa volta scavalcando la barricata e guardando la decaduta città utopica di Andrew Ryan con gli occhi e le orecchie di un Big Daddy.
Di trame, fili ed orditi
È il 1959 – un anno prima dell’arrivo a Rapture di Jack, il protagonista del primo episodio – senza sapere né perché né percome ci ritroviamo nei panni di un Big Daddy, con la nostra “Little Sister” che amiamo sopra ogni cosa, impegnati nell’atavico compito di collezionare l’Adam dai cadaveri della città decaduta.
Come abbiamo già avuto modo di scoprire prendendo il controllo di Jack nel capitolo precedente, Rapture è una città ormai distrutta popolata da quegli aborti genetici impazziti chiamati “ricombinanti”.
Quegli stessi plasmidi che promettevano di creare una società evoluta, egalitaria e superiore hanno decretato la fine del sogno di Ryan e la morte di migliaia di persone. All’interno di questa lucida follia, i Big Daddy e le Little Sister vengono creati in laboratorio per collezionare l’Adam – il fattore ricombinante – dai cadaveri, in modo da poter permettere al mercato dei plasmidi di prosperare indisturbato.
Dal canto nostro facciamo parte di questa infernale macchina di morte e depravazione come Big Daddy – col nome di Delta –
impegnati nel proteggere la nostra sorellina,Eleonor. Con lei condividiamo un legame indissolubile che esula il semplice amore paterno, è qualcosa che condiziona il fisico e la mente e che, se sottovalutato, può portare alla morte. Ovviamente il tutto non poteva andare avanti in eterno – e senza pathos che storia sarebbe? –, la dottoressa Lamb – scienziata co-creatrice di Big Daddy e Little Sister – ci mette nelle mani una pistola, ci chiede gentilmente di puntarcela alle tempie e di premere il grilletto: uno sparo, e tutto si fa buio.
L’oblio, la morte, le tenebre, poi una voce, è Eleonor, non ci ha lasciati, non può e non vuole farlo, vediamo una luce, una luce sempre più accecante e, in men che non si dica, siamo di nuovo vivi e vegeti, pronti ad entrare per l’ennesima volta nel nostro scomodo scafandro, trivella nella destra e plasmidi nella sinistra: Eleonor ha bisogno di noi!
Big Daddy, Little Sister, Big Sister e … Little Daddy?!
Che dire di questo nuovo – attesissimo – capitolo del blockbuster “made in 2K”?! Qualche lode e troppe infamie, a dire la verità.
Se il primo capitolo aveva rapito milioni di giocatori per il proprio gameplay innovativo – nato dalla sinergia tra plasmidi ed armi convenzionali – ma soprattutto per la bellissima trama che spingeva il giocatore a perdere ore e ore nei meandri di Rapture, questo secondo capitolo ricalca la stessa impostazione del predecessore, mettendoci però dalla parte dei “cattivi”, cioè quella dei Big Daddy.
Sia chiaro, la distinzione non è così netta, tanto da sembra più una variazione sul tema del primo episodio piuttosto che un nuovo movimento della tenebrosa sinfonia di Rapture. Il senso di dejà vu è palpabile, accresciuto da una certa ripetitività del level design, per non parlare della continua ed incessante richiesta di scegliere tra il bene ed il male – in base al trattamento riservato alle sorelline sparse per i livelli – che dopo la quarta/quinta sorellina si trasforma in una noiosa melina per allungare la durata del gioco.
Attenzione, non voglio che pensiate che Bioshock2 sia il solito “more of the same”, anzi, è una vera e proprio nuova ramificazione della storia di Rapture che riporta al giocatore alcune vecchie conoscenze – La Tenenbaum, Fontaine e Ryan in primis –, spiegando alcune parti “taciute” del primo episodio oltre ad introdurre nuovi protagonisti e “cattivi” come le Big Sister ed aggiungendo un’ulteriore dimensione alle dinamiche di gioco del predecessore.
Purtroppo questo nuovo capitolo della saga di Rapture risente della popolarità dell’illustre predecessore, di cui cerca – con qualche scivolone – di ripercorrerne la trama e la giocabilità. Discorso a parte andrebbe fatto per l’implementazione multiplayer – a cui forse è stata dedicato un interesse maggiore da parte di 2K – ma che non essendo un particolare amante del genere non ho potuto apprezzare.
Senz’altro questa nuova avventura sarà un capitolo importante per ogni fan della serie, ma a molti sembrerà una pallida ricombinazione – tanto per rimanere in tema – delle dinamiche del predecessore: un po’ più di audacia nella trama e nelle innovazioni avrebbe potuto portare ad un degno successore, senza rimanere invischiati in un ciclo auto-celebrativo che rischia di risultare monotono già a metà del gioco.