Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge anti corruzione e ora il testo passa al parlamento. Il ddl tende a promuovere la legalità tramite pene più severe e con l’ineleggibilità per i candidati a qualunque tipo di elezione politica.
In sostanza chi viene condannato con un sentenza passata in giudicato per gravi reati di corruzione (come il peculato o la concussione) o comunque per delitti gravissimi, già esclusi dall’indulto, non potrà essere candidato a qualunque tipo di elezione (comunale, provinciale, regionale, nazionali ed europee) per 5 anni. Anche il presidente della regione, qualora dimostri un fallimento politico, non potrà essere candidato.
Aumentate inoltre le pene nel minimo per i reati di corruzione (rimanendo però inalterata la prescrizione) e previsto un piano nazionale anti corruzione (privo però di apposite risorse) per valutare il rischio corruttivo negli uffici.
Quale il senso di questa ventata di “pulizia” e ** rigore**? Per alcuni nient’altro che un ddl propagandistico volto a raccogliere voti e consensi in vista delle prossime elezioni regionali, per altri un sincero progetto volto a contrastare corruzione ed illegalità nella e contro la pubblica amministrazione.
Ma quando entrerà in vigore il Ddl? Probabilmente solo dopo le regionali, giusto in tempo per evitare drammatiche e sconsolanti liste piene di spazi vuoti.