Alessandria d’Egitto, V Secolo D.C.
Alessandria. Un calderone multiculturale nel grembo del Mediterraneo, culla della civiltà occidentale, dove la logica e la filosofia della Grecia classica s’incontrano e si scontrano con la religiosità Medio Orientale.
Il tempo è quello del V secolo D.C., il tumulto religioso è palpabile e vede contrapporsi la benestante casta nobiliare, legata agli antichi culti politeisti, e quella dei poveri e dei servi, cristianizzati dal messaggio di libertà e redenzione proclamato dal Salvatore.
Incastonata in questo situazione, si svolge la storia di Ipazia – interpretata dall’ottima Rachel Weisz –, filosofa per scelta, ma martire – pagana – per disgrazia. Intelligente quanto affascinante, la giovane donna, oltre ad essere impegnata nello svelare i meccanismi che muovono “il sole e l’altre stelle”, insegna filosofia, astronomia e matematica ai nobili alessandrini.
Cerchi – a partire dal titolo stesso del film –, ellissi, geometria, ma anche astri, stelle e pianeti, questi sono gli unici ideali che guidano la giovane protagonista, forte di quel ragionamento matematico, che non ripone nella sapienza antica il proprio vigore, ma nella curiosità e nel dubbio, nel saper guardare oltre gli assunti e i teoremi, cercando di comprendere il creato non per ciò che viene raccontato, ma per ciò che è.
Mentre vediamo una Ipazia sempre più impegnata nella discussione delle tesi tolemaiche e dell’eliocentrismo, la città di Alessandria è in fermento, la convivenza tra le religioni nella città diviene ben presto insostenibile e sfocia nella guerra di religione, anticamera della decimazione dei pagani restii alla conversione e della distruzione della famosa biblioteca della città, deposito di tutto il sapere umanistico e scientifico del tempo, distrutto dai cristiani perché ritenuto anch’esso impuro.
Benché estranea a queste lotte per il potere – terreno, oltre che religioso –, la povera Ipazia ne subirà le estreme conseguenze, a causa del proprio credo “pagano” e dell’irrinunciabile amore per la scienza e la filosofia.
Il sonno della ragione genera mostri
Benché il regista Alejandro Amenabar racconti una versione romanzata della vita di Ipazia, la vera protagonista del film è l’eterna battaglia – tanto ieri quanto oggi – tra ragione e religione, denunciando gli eccessi estremisti che infiammano il fondamentalismo religioso, di tutte le religioni.
Badate bene, il film è tutt’altro che un attacco al cristianesimo – come si è letto da più parti in rete –, ma una critica a qualsiasi radicalismo religioso.
Così come ad inizio pellicola i lupi pagani assoggettano gli agnelli cristiani, caratterizzati altresì dal messaggio di libertà ed altruismo diffuso dai paraboloni, una volta assurti al potere, saranno proprio questi ultimi ad assoggettare pagani e ebrei, fomentando l’odio religioso. Dubitare, farsi delle domande e mettere in discussione le leggi della natura diventa un reato capitale in una società teocratica basata sui dogmi religiosi. La scienza, unica fede professata da Ipazia, sarà la sua condanna.
E’ proprio la cieca fede a portare sull’orlo del baratro la scienza, che solamente col rinascimento si risveglierà da un torpore millenario.