Toy Story
Era il lontano 1995 quando nei cinema di tutto il mondo usciva il primo inaspettato Toy Story, prodotto dalla collaborazione di Disney e Pixar.
Il film, che per la prima volta faceva un utilizzo massiccio della computer grafica tridimensionale per animare personaggi e ambientazioni, riscosse un grandissimo successo di pubblico e critica, occupando a buon merito il 65° tra i 100 film più venduti di sempre.
Per chi si fosse perso questa “pietra miliare” dell’animazione in 3D posso dirvi – ma vi consiglio di vedervelo – che il film è ambientato in un mondo in cui i giocattoli sono vivi, possono parlare ed interagire tra loro, rispettando invero la regola di non manifestare la propria “vita” agli umani.
La pellicola segue le peripezie di Woody, un cowboy di pezza con cordino ed altoparlante annessi, giocattolo preferito di Andy, che si vede “sostituito” da un nuovo e super-accessoriato gioco: Buzz Lightyear, regalato ad Andy per il suo compleanno.
Dall’arrivo di Buzz si dipaneranno una serie di disavventure nate dalla presunzione di Buzz e dalla gelosia di Woody per conquistare il cuore del piccolo Andy, risolvendosi fortunatamente con un armistizio ben rappresentato dalla ormai leggendaria colonna sonora di “You’ve got a Friend in Me”, trasposta in italiano da Cocciante in “Hai un amico in me”.
In Toy Story erano già presenti gli stessi ingredienti che di lì a poco avrebbero dato vita ad altri capolavori del 3D di Pixar ma anche della DreamWorks di Spielberg.
Toy Story 3
Tralasciando il secondo capitolo, menzionabile per aver introdotto alcuni personaggi interessanti, il terzo ed ultimo vede un Andy cresciuto, in preparazione alla partenza per il college: tra mercatini e repulisti il numero dei giochi conservati da Andy nel baule della propria camera si è ridotto notevolmente, fino a conservare solo quei giochi a cui era veramente legato.
Per una serie di incomprensioni e sfortune, invece che venire riposti in soffitta, la truppa di giochi viene portata all’asilo di Sunnyside, credendo di aver trovato la loro fortuna, in un luogo popolato da bambini vogliosi di giocare tutto il giorno.
Solo il fedele Woody non è d’accordo con gli altri giocattoli: conscio della propria missione, cercherà in tutti i modi di tornare dal proprio padroncino prima della sua partenza per il college. Al contrario Buzz e compagni decidono di rimanere al Sunnyside, scoprendo, loro malgrado, che quel paradiso è in realtà una prigione in cui i giocattoli più vecchi costringono i nuovi arrivati alla tortura di essere usati dai bambini più piccoli.
Anche in questo caso sarà l’amicizia e l’affetto sviluppatosi tra i compagni di avventura a permettere a tutti di raggiungere il lieto– e non così prevedibile – fine.
Imparata la lezione del secondo e sconclusionato capitolo, questo terzo – che si avvale di una onesta e mai invasiva versione in tre dimensioni – ritorna alle tematiche del primo, senza allungarne il brodo, ma costruendo un nuovo capitolo nella vita dei personaggi, mettendone in discussione certezze e rapporti.
Sorretto come sempre dalla comicità della serie, assume una dimensione quasi corale– il tema della famiglia e dell’unione che fa la forza sopra all’egoismo – sviluppando le personalità di pochi – ma buoni – personaggi .
Benché Toy Story 3 sia un film spiccatamente creato per un pubblico giovanissimo amante della comicità fisica, non potrà fare a meno di divertire e appassionare anche gli accompagnatori adulti dai palati più raffinati.
Quasi da oscar l’interpretazione(e la bravura dei modellatori di Pixar) delle espressioni colme di paura e coraggio dei giocattoli nella scena dell’inevitabile fine – presunta, non temete – dei giocattoli, uniti anche nel loro ultimo momento.
Da vedere.