Dopo le recenti catastrofi che hanno colpito il Giappone, uccidendo migliaia di persone e cancellando dalla faccia della terra intere città, è la minaccia nucleare a spaventare di più il paese asiatico.
Il catastrofico terremoto/maremoto che ha provocato più di 9.000 vittime e 13.000 dispersi ha infatti messo a rischio e/o danneggiato numerose centrali nucleari giapponesi, come quella di Fukushima Daiichi, ad oggi quella ancora più problematica.
la centrale prima del terremoto/maremoto
Il paese del sol levante dopotutto è tra le prime nazioni al mondo per numero di reattori, con almeno 18 centrali elettronucleari situate sul suolo nazionale. Queste producono quasi il 30% dell’energia elettrica prodotta in totale nel Paese, tanto che nei giorni successivi al terremoto il Giappone ha dovuto razionare l’energia per il momentaneo arresto di molte centrali.
A Fukushima intanto dopo le esplosioni dei giorni scorsi, una nube di vapore bianco radioattivo continua a uscire dai reattori 2 e 3 dell’impianto. La nube ora si sta dirigendo verso l’Europa ma dovrebbe giungere nel vecchio continente con bassi livelli di radioattività e quindi dovrebbe essere innocua per la popolazione.
Il livello di radioattività continua invece ad essere elevato nei pressi della centrale nucleare giapponese mentre in 47 prefetture del paese (compresa quella di Tokyo) sono stati rilevati alti livelli di iodio e cesio radattivo. Alte concentrazioni di iodio 131 e di cesio 134 sono state riscontrate nell’acqua marina prelevata vicino alla centrale mentre tracce di cobalto 58 sono state rinvenute in un campione di acqua raccolto nei pressi dell’impianto.
Ma cosa è successo alla centrale costruita per sopportare onde alte fino a 6,5/7 metri ma che invece è stata investita da un muro di acqua alto almeno il doppio?
Il terremoto ha provocato l’arresto automatico della centrale nonché seri danni ai generatori diesel incaricati di fornire ai 3 reattori dell’impianto funzionanti in quel momento l’energia elettrica necessaria per alimentare il loro sistema di refrigerazione.
Il combustibile di questo tipo di reattori (generalmente pastiglie di ossido di uranio parzialmente arricchito, impilate in barrette di leghe di zirconio ed assemblate in elementi di combustibile) è infatti immerso in una vasca d’acqua che, oltre a trasformarsi al termine della fissione in vapore e quindi in energia elettrica, funge da fluido moderatore dello stesso calore prodotto dalla reazione nucleare.
Una volta bloccato il sistema di refrigerazione, l’acqua evaporando non è stata in grado di raffreddare i reattori che quindi hanno cominciato a surriscaldarsi. L’aumento della pressione e il fallimento dei tentativi di raffreddamento messi in atto dai tecnici hanno quindi provocato una serie di violente esplosioni nei reattori 1, 2, 3 e 4 dell’impianto con tanto di distruzione del tetto dell’edificio contenete il reattore n. 3 (il rivestimento di quest’ultimo invece sarebbe intatto).
la centrale dopo il terremoto/maremoto
Ecco quanto è successo nei 4 reattori :
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reattore 1. Il rivestimento intatto, ma il 70% del nocciolo (la parte del reattore che contiene il combustibile nucleare) è danneggiato. Il Tetto dell’edificio è crollato.
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reattore 2. Il 33% del nocciolo è danneggiato. Registrati danni in una vasca di ritenzione nel rivestimento
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reattore 3. Il nocciolo sarebbe gravemente danneggiato. Il rivestimento potrebbe essere danneggiato. I getti d’acqua hanno aumentato la radioattività.
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reattore 4. Parte del combustibile non è ricoperto dall’acqua. La vasca è in ebollizione.
Ad oggi, mentre il vapore fuoriesce dai reattori 2 e 3, proseguono i tentativi di raffreddamento.
Una terrificante sequenza di eventi e uno dei peggiori incidenti nella storia che hanno riacceso il dibattito sull’energia prodotta con il nucleare in tutto il mondo.