Sacha Baron Cohen interpreta l’ennesima incarnazione di un personaggio talmente irrealistico da sembrare vero, con buona pace di dittatori, nazioni unite e l’occidentale perbenismo da quattro soldi.
Il dittatore
Senz’altro non si può dire che Sacha Baron Cohen non abbia idee e voglia di sperimentare.
Conosciuto ai più per il suo personaggio di esordio “Borat” (giornalista politically un-correct kazaco), ha all’attivo una popolosa schiera di squinternati alter-ego che vanno dal hippoppettaro Ali G – presente anche nel video di Madonna “Music” – al già citato Borat, per passare all’iper-effeminato Bruno, fino ad arrivare ad Aladeen, ammiraglio generale – nonché legittimo dittatore – di Wadiya, staterello mediorientale dal sottosuolo ricco di petrolio.
Abbandonata la tecnica del falso documentario usata nei precedenti film, in cui parte del divertimento era proprio vedere la reazione di persone che pensavano reali i personaggi interpretati dal comico, Baron Cohen si dedica finalmente alla realizzazione di un film “propriamente detto”, affiancato da un cast di attori – tra cui spiccano Ben Kingsley ed Anna – Scary Movie – Faris, oltre a Megan Fox nel ruolo di sè stessa – assemblato per prende in giro tutti: terroristi, democratici e dittatori, nessuno escluso.
Vuole prima la notizia Aladeen o quella Aladeen?
Aladeen viene presentato come figlio del precedente dittatore di Wadyia, cresciuto per rivestire il ruolo del padre. Una volta salito al potere Aladeen fa di misoginia, oppressione e totalitarismo il proprio biglietto da visita, tanto da sopprimere cultura e progresso del proprio paese, avendo giustiziando chiunque non accondiscenda ai suoi capricci – caratteristica che darà vita ad un buon numero di risate durante il film.
L’intervento dell’ONU, per controllare il piano nucleare Wadyiano, costringe Aladeen ad un viaggio “diplomatico” a New York dove, in seguito ad un attentato andato male, trova rifugio presso il negozio di cibo organico di proprietà di un’ultra-femminista – Faris –, convinta di poter redimere la sua misoginia.
Baron Cohen sembra aver fatto tesoro delle lezioni imparate dagli errori delle prime pellicole – che si concedevano troppi “gigioneggiamenti”, che rompevano la dinamica del montato –, confezionando un film tanto leggero quanto esilarante.
Il film è tempestato di battute ed è difficile non ridere da inizio a fine della pellicola, soprattutto grazie ad un montaggio serrato ed una storia leggera ma interessante quanto basta da non perdere l’attenzione dello spettatore e al contempo permettergli di godersi gli sketch.