Imola (casa!), giorni nostri. Giulia, 17 anni, è una pilota di Gran Turismo. Macchine che sfrecciano a oltre 200 all’ora. Il rumore assordante dei motori.
Giulia corre, col coraggio della disperazione. Sulle sue giovani spalle il peso di una famiglia al limite del tragicomico. La madre scappata di casa. Il padre, capo della piccola scuderia di famiglia, ha investito tutto su Giulia, su quella Porsche che deve vincere il campionato, per non ritrovarsi su una strada, lui, lei e il fratellino Nico.
Durante una gara, nei box, il papà di Giulia ha un malore, cade a terra. I bambini rimangono soli.
È da questa premessa che “Veloce come il Vento”, film di Matteo Rovere, ingrana la quinta e racconta un “Fast and Furious” alla romagnola, pieno di azione, sentimenti e comicità.
Vacca Boia!
Con la morte del padre dei due ragazzi entra in scena il vero protagonista della pellicola: Loris, fratello maggiore di Giulia, assente da oltre 10 anni, ex-pilota e campione, oggi un tossicodipendente ridottosi a vivere in una roulotte insieme alla propria ragazza (tossica anche lei) e al loro cane.
Loris torna a farsi vivo al funerale del padre e pretende di entrare in possesso della casa in cui Giulia e Nico abitano. Giulia, malgrado una prima resistenza — la ragazza ha carattere da vendere — deve capitolare poiché lei e Nico sono minorenni e, in mancanza di un adulto, verrebbero affidati ai servizi sociali: addio macchina, addio corse e, soprattutto, addio casa.
È durante questa convivenza “forzata” che i due fratelli si riavvicinano, coi dovuti screzi e battibecchi, a Loris. Malgrado i fumi della droga, all’ex-campione non manca l’esperienza alla guida e la voglia di vincere. Sarà proprio Giulia a voler credere in Loris e a chiedergli di allenarla per vincere il campionato.
Guarda che di disperati veri ne siam rimasti in pochi
Veloce come il Vento vince. Si riscatta e vince, vince, vince.
Vince Matteo Rovere, registra del film che dimostra di “saperci fare” dopo gli esperimenti mal riusciti di “Un gioco da ragazze” e “Gli sfiorati”.
Vince Stefano Accorsi che per dare corpo all’esile Loris si è sottoposto ad una prova fisica (oltre 12 chili persi) che ad “attoroni” hollywoodiani varrebbe una nomina agli Oscar. Grazie anche alle proprie origini (emiliane, ma nessuno è perfetto :)) riesce a conferire al suo Loris le movenze, la parlata e il tono giusto per renderlo detestabile ed irresistibile allo stesso tempo.
Vince la co-protagonista della pellicola, Matilda De Angelis, alla prima prova su grande schermo, che convince con una forte fisicità, degna del proprio personaggio, capace allo stesso tempo di mostrarsi comprensiva e umana.
Vince, in senso lato, Carlo Capone, a cui il personaggio di Loris è ispirato, campione torinese di rally dal carattere difficile il quale, per vicissitudini e drammi personali, oggi vive in un istituto psichiatrico.
Vince, infine, il Cinema (C maiuscola) italiano, che con questo film e altri come Smetto Quando Voglio e Lo Chiamavano Jeeg Robot, hanno dimostrato che l’Italia non si nutre solo di melodrammi e cinepanettoni.
Citando Loris (che cita Mario Andretti): “se hai tutto sotto controllo vuol dire che non stai andando abbastanza forte”. Veloce come il Vento non è un film perfetto, ma ha tanta “forza” e “sangue” da piacere a tutti, grandi e piccoli.
Socc’mel, altroché!