Secondo gli ultimi dati dell’Istat, nel nostro paese le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà sono ben 4,5 milioni. Non più solo i disoccupati, gli anziani o le famiglie numerose ma anche i lavoratori e soprattutto i giovani.
Un problema che nel futuro non sembra destinato a diminuire, piuttosto ad aggravarsi. Grazie alla sistematica distruzione del ceto medio, alla mancanza di lavoro e al massiccio utilizzo di macchine e robot nei luoghi produttivi e nella vita di tutti i giorni.
Cosa ci prospetta il futuro? Nelle favole, i robot fanno tutto quello che faceva prima l’uomo e le persone vivono beatamente senza fare nulla. Ma come si procurano da mangiare? C’è forse un sussidio di Stato di cui non si vuole parlare?
Nella realtà invece, con il continuo aumento della popolazione mondiale, una massa di poveracci sempre crescente si ammazza per un pezzo di pane, mentre ricconi e speculatori ridacchiano allegramente alle loro spalle.
Per evitare questo futuro si sono ipotizzate alcune soluzioni, già diventate in realtà in paesi evoluti (non ovviamente l’Italia).
Veniamo alle più scontate:
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maggiore tassazione sulle rendite finanziare e sui grandi patrimoni immobiliari;
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eliminazione totale dei paradisi fiscali e maggiore omogenizzazione delle politiche fiscali sulle imprese in tutti i paesi;
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pari condizioni di lavoro e di retribuzione per tutti i lavoratori anche se appartengono ad aree geografiche diverse.
Ovviamente queste soluzioni vanno contro gli interessi dei ricchi, degli speculatori e delle multinazionali che producono in paesi del terzo mondo per rivendere i loro prodotti nel finto ricco occidente.
Vi sono però altri due rimedi di più facile applicazione.
Reddito di cittadinanza. L’idea, già arrivata in Italia grazie al M5S, prevede, a grandi linee, un reddito minimo per ogni cittadino che ha la stessa cittadinanza. Questo reddito (non soggetto a tassazione) garantirebbe minimi standard di vita a ciascun individuo (cibo, vestiario, pagamento delle bollette) e associato a un alloggio garantito eliminerebbe il problema della povertà.
Per evitare abusi, il reddito dovrebbe essere associato al costo della vita nel territorio di residenza e il cittadino dovrebbe di mostrare di vivere per la maggior parte dell’anno nella sua nazione. Il reddito dovrebbe garantito a tutti, al di la delle condizioni economiche di ciascuno.
Contemporaneamente all’introduzione del reddito di cittadinanza, dovrebbero essere eliminati tutti i sussidi oggi presenti, dalla casa integrazione alla mobilità, dai centri per l’impiego (già di per se inutili) alle pensioni. L’intero sistema del welfare dovrebbe essere ridotto e se gli individui sperpereranno i soldi loro concessi, saranno unicamente cazzi amari per loro.
Ma come si finanzia un simile sistema? Oltre alle soluzioni già di per se proposte e a una maggiore tassazione dei grandi profitti, una fonte di finanziamento potrebbe provenire dalla seconda idea rivoluzionaria.
La tassa sui robot. Le aziende eliminano personale usando robot? Benissimo, per ogni robot utilizzato, l’impresa paga una piccola tassa, mensile o annuale che sia.
Queste due soluzioni che sembrano così utopiche sono già realtà in alcuni paesi. Come in Finlandia, dove è stato introdotto il reddito di cittadinanza. Ovviamente presuppongono un mondo dove a prevalere sono gli interessi di tutti e non di pochi e non dove un piccolo gruppo di ricconi tiene a bada una massa di pecore che invece di preoccuparsi per le condizioni di vita che avranno i loro figli mira ad possedere l’ultimo iPhone.
Un mondo dove i sindacati fanno il loro mestiere, dove non si distruggono i diritti, dove non si impoveriscono le masse e dove i principi, non i soldi, sono i valori che contano.
Il problema, nonché il vero rischio, che si arrivi a capirlo troppo tardi. Quando la massa si rivolterà contro se stessa e contro tutti sarà già troppo tardi. Tra attentati, masse di profughi, miseria e disperazione. Ops, scusate sto già descrivendo il 2017. Ma alle povere pecore va bene così.