Il governo di Temer, Presidente del Brasile, ha dato il via libera alla trivelle nell’area protetta di Renca in Amazzonia, il più grande polmone verde del mondo. Secondo il premier brasiliano in questo modo l’economia del paese ripartirà ma gli ambientalisti annunciano che invece sarà una catastrofe ambientale.
La riserva di Renca è un’enorme area di 46mila chilometri quadrati situata all’estremo Nord del Brasile non lontana dalla foci del Rio delle Amazzoni, è ricca di nichel, oro, ferro e di tanti altri minerali ma nel 1984 l’allora regime militare decise di preservarla e renderla protetta per ragioni di ordine strategico. Dopo trent’anni, però, essa verrà aperta allo sfruttamento minerario e tale misura, a detta del Ministro per l’estrazione e l’energia, punterà a creare dei nuovi posti di lavoro e ad attrarre sempre più investitori in modo tale da rilanciare l’economia del paese.
I gruppi ambientalisti, a seguito di tale decisione, sono però insorti in quanto temono che l’attività di estrazione mineraria nella zona porterebbe a «esplosioni demografiche, deforestazioni, distruzione delle risorse idriche, perdita di biodiversità e creazione di conflitti territoriali». Secondo un recente rapporto del Wwf, la principale area di interesse per l’estrazione di rame e di oro si trova proprio in una delle aree protette, la Riserva Biologica di Maicuru, «popolata da comunità indigene di varie etnie che vivono in isolamento» e una corsa all’oro nella regione potrebbe «creare danni irreversibili a queste culture».
Secondo i dati dell’Inpe, l’Istituto di ricerca sull’Ambiente brasiliano, tra agosto 2015 e luglio 2016 sono andati perduti circa 8000 chilometri quadri di foresta Amazzonica, e nell’arco di soli dodici mesi la deforestazione è cresciuta addirittura del 29%.