Manca oramai poco all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti D’America (appena 21 giorni, l’election-day è il 4 novembre) e dopo le prime 2 puntate è ora di riepilogare gli ultimi avvenimenti. Innanzitutto si sfideranno il repubblicano John McCain, che ha superato con scioltezza le primarie del suo partito e il democratico Barack Obama, alla fine trionfante sulla sua rivale Hillary Clinton dopo una lunga campagna elettorale per assicurarsi il sostegno e il voto dei delegati democratici.
Entrambi hanno scelto in caso di vittoria il proprio vice : per Obama sarà_ Joseph Biden_ (niente Dream ticket quindi), presidente della Commissione rapporti internazionali del Senato americano (è ritenuto un esperto di politica estera, là dove Obama potrebbe peccare d’inesperienza) mentre per McCain sarà Sarah Palin, la giovane governatrice dell’Alaska. In entrambi i casi non è mancata la sorpresa ma è sopratutto in campo repubblicano che l’opinione pubblica e i media americani sono stati colti alla sprovvista.
McCain ha piazzato il colpaccio, forse anche per poter recuperare su Obama che nei sondaggi appare costantemente in testa mentre lui si ritrova ad inseguire. Sarah potrebbe conquistare il voto delle donne, delle madri (ha infatti 5 figli) e dei conservatori moderati e subito si è mostrata grintosa e battagliera, dando anche in campo repubblicano un segnale di cambiamento. Ma ora di inesperienza non si potrà più accusare solo gli avversari e le grane famigliari e politiche della Palin (è stata accusata e giudicata colpevole di abuso di potere) rischiano di rivelarsi un boomerang molto pericoloso.
Continuano intanto i confronti televisivi tra i candidati (domani sera si terrà l’ultimo incontro e i due potranno confrontarsi e porsi reciprocamente delle domande) e i relativi vice (una bella cosa che in Italia, purtroppo, non capita di vedere spesso) e il dibattito sui grandi temi che agitano l’opinione pubblica statunitense, in primis la crisi economica e finanziaria (e poi l’Iraq, il terrorismo). E mentre Obama propone un proprio piano fatto di agevolazioni fiscali e una moratoria di 90 giorni nei pignoramenti il suo rivale annuncia un suo progetto caratterizzato da un forte intervento statale. Ma nelle apparizioni pubbliche il senatore dell’Illinois prevale ed appare più incisivo, anche perché McCain un giorno lo difende, un altro lo accusa, facendo così nascere il sospetto di non avere una propria strategia.
La campagna elettorale con suoi toni a volte accesi, a volte soft, tra battute e gaff (a cui nessuno dei contendenti sembra essere immune) comunque continua e tutto può ancora succedere. Alla fine forse prevarrà colui in grado di vendere al meglio all’elettorato americano (indipendentemente dai sostegni illustri ricevuti) la propria immagine o il proprio pacchetto dei sogni e in questo caso Barack Obama appare in vantaggio. Ma tanti quesiti ancora irrisolti (ad esempio se il razzismo inciderà o meno in queste elezioni o per chi voteranno gli indecisi) impongono la massima cautela.
Il Gorgonauta.