Che sia per un’azione coatta o per “scelta” personale, il fatto è il seguente: MegaUpload e l’annesso sito di streaming video MegaVideo hanno chiuso i battenti.
Conosciuti ai più – per non dire a tutti – come due dei principali siti presso i quali reperire musica, film e altro materiale protetto da copyright, sono stati oggetto di un’operazione condotta dall’FBI contro i gestori della piattaforma, accusati di pirateria online.
Che sia una rappresaglia delle autorità nei confronti dell’accanita protesta portata avanti contro SOPA e PIPA?
Secondo il sottoscritto non c’entra una mazza, ma andiamo con ordine.
MegaUpload è una società con sede legale ad Hong Kong – da sempre porto franco per il passaggio di merci (reali e virtuali) dalla discutibile legalità. Essendo fuori dalla giurisdizione della legge americana, la società non avrebbe avuto problemi. Il caso nasce dall’accusa di pirateria in capo ad alcune persone (7) collegate alla società e presenti su territori raggiungibili dal lungo braccio delle legge americana.
Scorrendo le accuse del dipartimento di giustizia USA, il sito – e l’omonima società – avrebbero prodotto una perdita stimata di oltre 500 milioni di dollari sotto forma di diritti di copyright violati – leggasi: mancato guadagno – producendo al contempo 175 milioni di dollari di profitti per i gestori della società.
Crociata? Sbagliata.
In seguito alla chiusura, Anonymous – cybergruppo di paladini della rete – ha sferrato alcuni attacchi ai siti di FBI, DOJ USA, RIAA, Universal Music, etc.
Anche in questa caso ci sarebbe da domandarsi a quale gioco Anonymous stia giocando, dato che, con un attacco del genere, si sta difendendo un’organizzazione – a tutti gli effetti – criminale, avvalorando le tesi di chi vuole un inasprimento delle regole di condivisione su Internet (ie. le già citate SOPA e PIPA).
Andando più nello specifico, si scopre che le accuse in capo alla società vanno oltre il semplice businness dell’hosting di materiale coperto da copyright, arrivando fino al riciclo di denaro – ovviamente sporco.
Come ho già sottolineato altre volte, è bene trattare l’argomento utilizzando i giusti pesi e le – altrettanto – giuste misure.
Se su un piano è vero e sacrosanto il reato di pirateria, declinato nella forma di un’accusa in capo a chi VENDE o trae profitto SULLA condivisione dei file, dall’altro esiste un tipo di pirateria – che stento a riconoscere come tale – fatto di appassionati che modificano, collezionano, creano e condividono,senza scopo di lucro, materiale coperto da copyright (dal software ai film, passando per musica e libri).
Lo so, l’argomento è lungo e complicato e spazia, a volerne parlare, dall’informatica al diritto fino alla filosofia. Quest’articolo non ne è la sede e bon.
Fuggi-fuggi generale
Intanto un’altro famoso sito di filesharing come FileSonic ha deciso di correre ai ripari, eliminando TOTALMENTE la possibilità di condivisone dei file.
Che aveste caricato, per condividerle, le foto della vacanza al mare, le vostre canzoni preferite o l’ultimo remake de “Il gabinetto del dottor Caligari”, il tutto è stato “privatizzato”, lasciando la possibilità ai proprietari di scaricare il proprio materiale, ma senza concederne ad altri il download.
E che fine ha fatto il famoso sistema di ricompense che assegna ai condivisori più virtuosi – quelli col maggior numero di download – una ricompensa in denaro? PUFF, sparita!
Che la società dietro FileSonic – sempre con sede a Hong Kong. Strano, vero? – abbia avuto qualche brutto presentimento?
Aspettiamo e vediamo.