Ah, Lara, quanti ricordi, io e te, un paio di Desert Eagle e il resto delle antichità sparse per il mondo che aspettano di essere svelate a suon di proiettili e capriole.
Bei tempi!
Tomb Raider
Dire Lara Croft è dire Tomb Raider. L’eroina nata nel lontano 1996 era poco più che un ammasso di pixel modellati per dare all’avvenente protagonista un corpo da modella di Victoria Secret. Calzoncini beige, stivali e maglietta turchese aderente completavano il mix di adrenalina e sensualità che fin dagli albori della serie hanno attirato schiere di fan. Non importava che la Nostra fosse tra le rovine della perduta Atlantide, per le calle di Venezia o sulle vette del Tibet, l’importante erano mistero, avventura e azione.
Poi Tomb Raider II, III, Last Revelation, Chronicles, Angel of Darkness, Legend, Anniversary e Underworld. Ben 8 titoli, dopo l’originale, hanno spinto la protagonista, probabilmente anche a causa della forza del proprio marchio, verso una caratterizzazione sempre più fisica ed usa-e-getta. Quello che di buono c’era in Lara si stava perdendo all’incedere delle leggi di mercato.
Reboot
Con la nona incarnazione del videogame, quelli di Square Enix hanno puntato tutto sul ridare nuova linfa al personaggio, scardinandolo dalla bidimensionalità accumulata negli anni.
Tomb Raider – che non a caso ha lo stesso titolo del capostipite della serie – fa proprio questo: getta una proverbiale mano di biacca sul passato della Croft e ne riscrive la nascita.
La giovane Lara, figlia d’arte ed archeologa dell’avventura, fa parte del variegato equipaggio dell’Endurance, una nave diretta al largo delle isole del Giappone. Per finanziare la propria spedizione, la ciurma ha accettato di produrre un reality televisivo sulla ricerca archeologica dell’antico popolo degli Yamatai.
Tutto nella norma finché, con una decisa quanto inaspettata – per la serie – virata orrifica, la trama getterà la povera Lara su di un’isola popolata da cultisti, semi-divinità e riti di sangue.
Esperienze (di gioco)
Pur conservando l’approccio “a livelli” dei predecessori, questo nuovo capitolo introduce un notevole grado di libertà, permettendo alla protagonista di ritornare sui propri passi una volta completata l’esplorazione di una nuova parte dell’Isola. Per ogni zona, Lara potrà scoprire nuove tombe, ritrovare mappe dell’Isola e scoprire reliquie. Non sarà Assassin’s Creed, ma questo free-roaming “ridotto” consegna letteralmente nelle mani dei giocatori l’incedere della storia, allungando la giocabilità del titolo e rendendolo più appetibile in ottica DLC.
A questo si aggiungono altri due componenti presi del mondo degli RPG: la gestione delle armi (arco in primis, abbandonate le proverbiali Desert Eagle) e quello delle abilità. Dal momento in cui Lara arriva sull’isola, inizia una lotta per la sopravvivenza basata sull’accrescimento delle proprie abilità di cacciatrice e guerriera, oltre che sulla disponibilità di un equipaggiamento atto ad affrontare le situazioni più intricate.
Inoltre, il ritrovamento di artefatti e tombe accrescerà conoscenze ed arsenale della protagonista, spingendo il giocatore all’esplorazione delle zone opzionali.
I don’t think I am “that” kind of Croft
Seguendo la strategia vincente di Hunger Games – e/o Sucker Punch – (la nuova) Lara Croft smette i panni dell’indomita eroina che ride in faccia alla morte, per quelli dell’adolescente che, confrontandosi con pericoli e sangue, ne rimane scioccata. E’ solo grazie all’aiuto – psicologico, più che fisico – dei propri compagni di avventura che Lara non si perderà d’animo ed affronterà gli orrori dell’Isola.
Finalmente una protagonista eroica ma “umana”, che ad ogni piè sospinto ha paura, trema ed il cui corpo (così come l’animo) risente di ferite, tagli e tumefazioni.
La decisa virata horror-gore di Square Enix presenta un Tomb Raider molto più maturo e macabro. Tonnellate di cadaveri e litri di sangue ricopriranno la giovane protagonista (letteralmente. Deboli di stomaco, siete avvisati!) che in più di un’occasione subirà una terribile morte (ora impalata su aguzzi scogli, ora stritolata sotto un pesante masso, ora decapitata dal cattivo di turno, etc.). Se al piatto aggiungete le sessioni di azione al cardiopalma e le suggestive atmosfere dell’Isola – suggerisco di soffermarvi a più riprese per ammirare l’eccellente lavoro dei grafici – otterrete il cocktail perfetto che rilancerà la già folgorante carriera videoludica di Lara Croft.
Bang!