Dopo 10 anni di gestazione e una maldestra trasposizione, the Merc with a Mouth fracassa tutte e quattro le pareti, facendo crollare (non correte, è in senso figurato!) il soffitto sulle teste dei fan.
Deadlol!
Ryan Reynolds riporta equilibrio nella Forza. Cioè, Chris Evans ha dimostrato che è possibile interpretare la Torcia Umana, fare un doppio-salto-mortale-carpiato-a-girare e diventare Capitan America. Raynolds l’ha superato, saltando a “zoppo galletto” tra Marvel e DC Comics (Brutto).
Nei panni di Deadpool lo si era già visto nel primo film su Wolverine, protagonista (Brutto), suo malgrado, di una delle scene più “Meh!” del cinema supereroistico tutto — parlo con te, finale fracassone sulla centrale “nuculare”!
La Marvel ha però creduto nel potenziale di un personaggio come Deadpool e, dopo varie vicissitudini, ha finalmente varato il primo film totalmente incentrato sul Mercenario Chiacchierone (il già citato “Merc with a Mouth”).
Il film — sicuramente primo di una trilogia — racconta le origini di Deadpool (ricordo che, in quel disastro che è la continuity Marvel, X-Men: Giorni di un Futuro Passato ha cancellato la linea temporale di Wolverine le Origini per cui Deadpool deve ancora “nascere”). Wade Wislon, mercenario dalla bocca larga, si innamora della famme fatale Vanessa, scoprendo al contempo di essere allo stadio terminale di un cancro incurabile. Che fare? Diventare un mutante, è ovvio!
Così Wade trova un inglesino di nome Daario Naharis Francis che lo salva, dandogli un fattore rigenerante à la Wolverine, ma trasformando il suo bel visino in quell’orribile pizza ai würstel celata sotto la maschera di Deadpool. E ora chi ha il coraggio di tornare dall’amata Vanessa? Ergo, si va per una crociata a suon di pallottole, katane e sangue per costringere Daar Francis a restituire a Wade il proprio aspetto.
E dato che alla Marvel è tempo di promozioni, ci becchiamo nel prezzo del biglietto anche due X-Men della (sospettosamente inabitata) “Scuola per Giovani Dotati di Charles Xavier”: la versione in computer grafica di Colosso e Testata Mutante Negasonica (avete diritto di non aver mai sentito parlare di lei).
Come nell’omonimo fumetto, Deadpool è l’incarnazione del “Verfremdungseffekt”, che facciamo prima a chiamare “abbattimento della quarta parte”. Dai titoli di testa a quelli di coda, il film è un continuo monologo, a suon di battute, tra il protagonista e il pubblico. Nessuno è escluso dalla dissacrante satira del Mercenario Chiacchierone che, tagliuzzando i cattivi di turno, commenta scelte di trama, produzione ed attori (Hugh Jackman, la mancanza di altri “attoroni” Marvel per dichiarati limiti finanziari), infilandoci anche qualche postilla autoreferenziale sulle altre produzioni Marvel o su Raynolds stesso e il suo (cough Lanterna Verde cough) passato.
Il film si crogiola della sua dichiarata stupidità e buona parte del suo ritmo è legato alle battute di Wade — peti, peni, pere e parolacce a profusione! È probabile che a molti non piaceranno tutte le tangenti meta-referenziale intraprese dal protagonista ma, come già successo col recente Ant-Man, la pellicola è sorprendentemente divertente e si finisce per volerne ancora.
Chimichanga!