Lok’tar ogar!
Warcraft
Premessa per i babbani. Warcraft è una saga fantasy datata 1993. Se cercate il libro che ha dato il La a tutta la sinfonia di orchi, nani, umani ed elfi siete in errore. Il capostipite della saga risale al primo videogioco (uno strategico in tempo reale) chiamato Warcraft: Orcs & Humans. Se vi armerete di PC per mettervi al passo, state attenti, potrebbe essere un salto nella tana del bianconiglio: al videogioco del 1993 sono susseguite varie incarnazioni tra cui altri 2 capitoli sullo stesso tema (Warcraft II e III) e il videogioco che ha lanciato la saga nella stratosfera: World of Warcraft, il gioco di ruolo online ambientato nell’omonimo universo che nel 2010 ha toccato l’incredibile cifra di 12 milioni di utenti attivi.
C’è da dire che la fama guadagnata dal franchise è tutt’altro che immeritata, ambientazioni e storie avvincenti sono la firma di Blizzard Entertainment, la casa produttrice di Warcraft, oltre che di altri classici intramontabili come Starcraft e Diablo.
Fine della premessa che spiega perché Warcraft è la classica gallina dalle uova d’oro da cui trarre un film era praticamente un obbligo sociale.
Quindi com’è sto film? Mettiamo le mani avanti, Hollywood ha una brutta relazione con le trasposizioni dai videogiochi (con qualche eccezione). Purtroppo Warcraft non è da meno.
La trama è presto detta (e ben conosciuta allo spettatore tipo del film): ci sono gli orchi, nerboruta razza guerriera il cui mondo è stato devastato (o che loro stessi hanno devastato, il film è un po’ ambiguo al riguardo) che seguono la guida del potente (quanto viscido) Gul’dan, orco sciamano capace risucchiare e donare forza vitale tramite il potere chiamato Vil (marrano!). Gul’dan convince l’Orda (di orchi) a seguirlo attraverso un portale dimensionale per invadere una nuova terra ricca di risorse: Azeroth, un mondo (molto più simile al nostro) popolato (in prevalenza, ma non solo) da esseri umani, elfi, nani.
Da lì a Gueeeerrraaa! il passo è breve e il film fa di tutto per preservare una visione bilanciata tra umani e orchi. Nessuno degli schieramenti è né cattivo né buono, ognuno ha le proprie mele marce e i propri eroi. Per la cronaca, abbiamo dalla parte dei buoni Anduin Lothar, di Azeroth e cavaliere del re Llane (Dominic Cooper, il papà di Iron Man ne Il Primo Vendicatore e Agent Carter) e Durotan, rispettato capo tribù degli orchi. A centrocampo c’è infine Garona (col facile seguito di battute in rima), metà orchessa e metà umana.
Epicità (presunta) a parte, al film manca almeno un protagonista con una personalità degna di questo nome. Nel film è quasi assente quella nota tragicomica che da sempre caratterizza i successi Blizzard. Da una parte l’epicità di paesaggi, eserciti, eroi e magie, dall’altra l’implicita comicità di armi ed armature oversized e di personaggi presi di peso da un fumetto manga. In Warcraft (film) le motivazioni ci sono, sono i personaggi che buchino lo schermo che mancano.
Metteteci inoltre una trama che più prevedibile non si può (di quelle dove nel momento in cui ti presentano un personaggio sai già che è lì solo per fare una brutta fine) e una durata spropositata rispetto a quanto raccontato a schermo e avrete la ricetta per il floppone dell’anno.
Quindi Warcraft è stato un flop? Sorprendentemente no, a dispetto alle pessime recensioni dei critici (e del parere del sottoscritto) Warcraft ha stravinto al botteghino, catturando l’interesse del pubblico, in particolare di un mercato enorme come quello cinese, ed assicurandosi il budget per i prossimi capitoli.
Sperando in meglio, Zil’nok!