Ritornano gli underdogs dell’universo Marvel. Ce la fa questo secondo volume della space opera (buffa) targata Marvel a bissare l’epicità del predecessore? Parafrasando quanto scritto per Avengers: Age of Ultron:
Tutto considerato, il vero nemico in Guardiani della Galassia Vol. 2 è [...] il primo film della serie. La maledizione di fare un lavoro dannatamente buono è che poi ti chiedono di farne un altro. E con quello non parti da zero, ma da dove avevi lasciato il pubblico 3 anni prima.
Oh. Titolo e ellissi a parte, copiato e incollato dall’articolo citato. Guarda te i corsi e ricorsi della storia…
Guardiani della Galassia Vol. 2
Finendo coi paralleli con Age of Ultron, anche Vol.2 riprende lì dove era finita la prima pellicola: la squadra di sconclusionati guardiani è composta dall’umano (?) Star Mer Lord, la smeraldina Gamora, Drax il distruttore, il protone procione senziente Rocket Racoon e l’adorabile baby Groot, praticamente un Ent nato dall’amore tra Tolkien e George Lucas. Troviamo i Nostri impegnati nell’annientamento di un polipone-spaziale-a-caso per conto degli aurei Sovereign. Mentre i Guardiani annientano, combattono, le prendono di santa ragione dal polipone, noi ci riambientiamo con le smargiassate di Star-Lord, le prodezze di Gomora, gli sberleffi di Rocket e i veri-momenti-di-WTF di Drax. Sullo sfondo, o meglio, in primo piano, il ballo scatenato di baby Groot sotto le pennate incessanti dell’irresistibile Mr. Blue Sky.
Introduzione vinta a mani basse a parte, che fanno in questo secondo capitolo i Guardiani? Costruiscono. O meglio, distruggono tutto come al solito, ma il tema che unisce la sfilacciata trama di Vol. 2 è la costruzione di una famiglia. Il messaggio è tutt’altro che nascosto e, anzi, viene ripetuto a più riprese da Drax (che, a sberleffo dello stereotipo tutto-muscoli-zero-cervello, si rivela il meno inRazzoso e più saggio della combriccola): i guardiani formano, l’uno per l’altro, un’eterogenea famiglia pronta a supportare, perdonare e correre in soccorso dei suoi membri. Così, benché Rocket continui a dimostrarsi uno sBronzo (ma con la T) e Star-Lord abbia validi motivi per uscire dal gruppo, si finisce, a suon di cazzotti e risate (tante), al “volemose bé” di rito, qualche lacrimuccia — neanche troppo scontata — e a un finale col/i botto/i.
Come scritto sopra, la trama, soprattutto nella parte centrale del film, si sfilaccia. Materialmente perché la squadra, suo malgrado, si deve dividere e così fa la narrazione, che procede in un continuo (ma ben misurato) ping-pong tra le due sottotrame. Dal punto di vista della storia, l’occasione è perfetta per permettere ai personaggi (divisi) di approfondire sia le proprie psicologie che i rapporti tra di essi — in particolare e sorprendentemente tra un personaggio color Puffo che-pareva-figo-e-figo-si-dimostra e un certo animale.
Dopo 400 parole di preambolo, provo a dare la mia risposta alla domanda “Vol. 2 riesce a bissare l’epicità del primo film?”. Risposta breve: No. Risposta lunga: era praticamente impossibile farlo, soprattutto perché la “sorpresa” se n’era sfumata col capostipite. Inoltre, buona parte di Vol. 2 da al pubblico quel more-of-the-same necessario a cementare il carattere dei personaggi, il che pone un limite importante alla libertà di esplorazione del registra (James Gunn).
Ma non temete, il film vale ogni cent del biglietto e il nuovo capitolo dei cugini di galassia dei più seriosi Avengers non tradirà troppo le aspettative maturate dall’illustre predecessore, anche grazie all’azione, alle mitiche musiche anni ‘70, i migliaia di ammiccamenti, rimandi e camei (tanti, tanti, tanti) e le risate (alcune veramente riuscite) — a scanso di equivoci, il film conferma il target adulto, adottando un linguaggio colorito da sani improperi e scurrilità.
E a proposito di more-of-the-same, rimanete fino alla fine dei titoli di coda del film perché, come tradizione Marvel, ci sono le (plurale!) scene post-credits.