Star Wars: Gli Ultimi Jedi
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Star Wars: Gli Ultimi Jedi

“L’equilibrio trovare dobbiamo. O i fan di Star Wars incazzare facciamo”.

Maestro Yoda – meeting direzionale Disney

Gli Ultimi Jedi

Benché l’estratto del cappello introduttivo non sia stato confermato (per colpa dei sindacati che non vedono di buon occhio l’impiego di fantasmi nei consigli direzionali), dopo le reazioni medio-positive a Il Risveglio della Forza, capostipite della nuova-vecchia vecchia-nuova terza trilogia di Guerre Stellari, Disney ha capito di navigare in un campo di asteroidi col nuovo Gli Ultimi Jedi. Che fare? Buttarsi a capofitto nella nostalgia, continuando in quella variazione sul tema che è stato Il Risveglio o prendere coraggio (e spada laser) a due mani e stravolgere tutto per raccontare una nuova pagina dell’epopea fantasy spaziale per eccellenza?

Va detto, Gli Ultimi Jedi è un film da digerire lentamente che, un po’ come l’ottimo Civil War dei fratelli Russo, ha bisogno di qualche pausa di riflessione per essere assimilato. In parole povere che vuol dire? Che il film ha i suoi alti e bassi (soprattutto alcune battute (Fax!) e scene poco ispirate) ma, lasciata diradare la nube rossa dello scontro finale, sono sopratutto i pregi a rimanere.

Il film riprende esattamente dove ci aveva lasciato Il Risveglio. Rey, finalmente trovato quello starnuto di pianeta che è Ahch-to, riesce a contattare Luke Skywalker, supplicandolo di farla sua allieva e di tornare per l’ennesimo salvataggio della forza ribelle. All’apice dell’epicità star-warsiana tutta (come sempre corroborata dalle fantastiche musiche di John Williams), l’imbarbarito (e barbuto) Luke risponde: “Picche!”. A quanto pare — il film racconterà il perché, da prospettive diverse — l’ex maestro Jedi ha fin troppe lune sulle proprie spalle (di cui 2 “artificiali”) per considerare l’addestramento di Rey. A impensierire ulteriormente Rey ci penserà il suo rapporto conflittuale con Kylo Ren, che da Il Risveglio è al servizio del Nuovo Ordine e del leader supremo Snoke.

Intanto Poe Dameron, il Generale Leia Organa (il film è dichiaratamente un grande omaggio alla recentemente scomparsa Carrie Fisher) e il resto della flotta ribelle stanno cercando di sopravvivere all’attacco del Nuovo Ordine. In un “intanto” nel “intanto” — la cui utilità è tutt’ora forte argomento di discussione tra i fan — Finn, BB-8 e il meccanico Rose (la prima co-protagonista asiatica della Saga) si imbarcano in un’avventura a Canto Bight (una Montecarlo interplanetaria) alla ricerca di un aiuto per sabotare i piani del Nuovo Ordine.

Lascia morire il passato

Si diceva all’inizio, dell’equilibrio tra vecchio e nuovo. Neanche a farlo apposta (spoiler: è fatto apposta), in un accorato dialogo tra Rey e Kylo, quest’ultimo esorterà la wannabe-jedi a tagliare col passato per vivere nel presente (e plasmarne il futuro). Non indugiando ulteriormente sulla trama del film, c’è da chiedersi se il consiglio di Ren sia stato seguito dal regista degli Ultimi Jedi, Rian Johnson (già dietro la cinepresa di Looper).

La riposta è “Ni”. Quel che sembra fare Johnson in Gli Ultimi Jedi è giocare con le sequenze del famoso e ingombrante capostipite con cui tutti confronteranno il suo film: l’Impero Colpisce Ancora. Come per Il Risveglio, anche ne Gli Ultimi Jedi verranno rievocate sequenze che omaggiano (o copiano) quelle della trilogia classica (una su tutte, Hoth, chi a orecchie per intendere). Per fortuna, Johnson ha il buon senso di giocare a rimontare quelle sequenze dal forte déjà-vu, riuscendo più di una volta a sorprende il pubblico.

Come già scritto, Gli Ultimi Jedi è un buon film, ma richiede un po’ di tempo (e magari un paio di visioni) per poter essere apprezzato a pieno. Un passo avanti rispetto a quel “equilibrio” che Disney deve riuscire a raggiungere entro l’ultimo capitolo di questa terza trilogia. Per il resto, dopo Jedi e Sith, il diluvio.